Relazione investigativa prova nel processo civile

RELAZIONE INVESTIGATIVA PROVA NEL PROCESSO CIVILE

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Importante sentenza del Tribunale di Milano in tema di relazione investigativa prova nel processo civile. Solitamente infatti, nel caso in cui una parte produca una relazione investigativa a sostegno delle Sue ragioni, il magistrato richiede la testimonianza in giudizio dell’investigatore che ha effettuato le indagini al fine di poter avere conferma delle prove contenute nella relazione stessa. La non contestazione delle prove fornite nella relazione investigativa però, valida il rapporto investigativo, che quindi è utilizzabile “ai fini della complessiva valutazione del materiale probatorio senza necessità alcuna di conferma testimoniale” . Relazione investigativa prova nel processo civile: cosa offre Europol Investigazioni.

L’espletamento di indagini civili (sempre in ambito di relazione investigativa prova) è consentito solamente ad agenzie munite di regolare licenza prefettizia ai sensi dell’art 134 del T.U.L.P.S., e che utilizzi personale regolarmente munito delle autorizzazioni necessarie: Europol SRL, agenzia investigativa Ferrara con trentennale esperienza nelle investigazioni, si avvale esclusivamente di squadre investigative regolarmente autorizzate e con comprovata esperienza; le indagini fai da te o svolte da una singola persona, nella realtà, sono assolutamente improduttive, posto che è impossibile seguire personalmente un soggetto per molte ore senza essere scoperti: meglio affidarsi quindi ad una società come Europol SRL, una società di investigazioni strutturata moderna, ed in grado di produrre valide prove da essere utilizzate nel giudizio civile, sia in ambito di infedeltà lavorativa, che in ambito di infedeltà coniugale.

Chiramente, per restare in ambito di relazione investigativa prova nel processo civile, tutte tali prove dovranno preventivamente essere vagliate da uno Studio Legale esperto, per essere sicuri che il contenuto della relazione investigativa sia conforme a quanto previsto dalla legge.

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RELAZIONE INVESTIGATIVA PROVA NEL PROCESSO CIVILE. TRIBUNALE MILANO 01/07/2015

Autorità: Tribunale Milano
Data: 01/07/2015
n.
Classificazioni: PROVA NEL GIUDIZIO CIVILE – RELAZIONE INVESTIGATIVA PROVA Poteri del giudice – – in genere
Tribunale di Milano
Fatto
PREMESSO, IN FATTO, CHE:
– con ricorso depositato in data 17 marzo 2014 (omissis) conveniva innanzi al Tribunale il marito (omissis), con il quale aveva contratto matrimonio in (omissis) il (omissis) 1979 avendo, quindi, nel 1981 l’unico figlio (omissis), oggi economicamente indipendente, assumendo che la prosecuzione della convivenza coniugale era divenuta impossibile a causa della relazione adulterina instaurata dal coniuge con altra donna, peraltro con modalità altamente offensive perché consumata anche all’interno della casa coniugale, e delle conseguenti violenze cui era stata sottoposta non appena scoperto il tradimento e chieste le dovute spiegazioni, tanto da avere dovuto ricorrere a prestazioni sanitarie presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale (omissis) di (omissis) per “trauma cranico non commotivo, policontusione mandibolare, contusione lombare”;
– chiedeva la ricorrente che la pronunzianda separazione fosse addebitata in via esclusiva al convenuto e che il medesimo fosse condannato al risarcimento dei danni dalla stessa patiti in conseguenza della descritta violazione dell’obbligo di fedeltà;
– ritualmente notificato l’atto introduttivo e dal (omissis) depositata memoria difensiva, all’udienza tenutasi ex art. 708 c.p.c. in data 19 giugno 2014 comparivano personalmente entrambi i coniugi e il Presidente, senza positivo esito esperito il preliminare tentativo di conciliazione, li autorizzava a vivere separati con obbligo di mutuo rispetto e non assumeva alcun ulteriore provvedimento provvisorio, in difetto di (ammissibili) domande di contenuto economico e dell’incontroversa autonomia raggiunta dall’unico figlio della coppia;
– rimessa la causa innanzi al designato Istruttore, le parti provvedevano a depositare i rispettivi atti integrativi e di costituzione e all’udienza dell’11 novembre 2014 instavano per la concessione dei termini di cui all’art. 183, sesto comma, c.p.c.;
– concessi i termini in parola, la causa era senz’altro rinviata ad altra data per la precisazione delle conclusioni sia di merito che istruttorie e, a tale ultimo incombente dalle stesse adempiutosi con i contenuti in epigrafe riportati, della decisione è stato infine investito il Tribunale in camera di consiglio alla scadenza dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Diritto
RITENUTO, IN DIRITTO, CHE:
– la domanda principale proposta dalla ricorrente è fondata e, pertanto, meritevole di positivo apprezzamento;
– i coniugi, che hanno contratto matrimonio in (omissis) nel (omissis) 1979, hanno ormai da diverso tempo visto tra loro cessare ogni vincolo affettivo e, al tempo stesso, aumentare il livello della conflittualità interpersonale, tanto da avere interrotto la convivenza ancor prima dell’instaurazione del presente giudizio, tentato infruttuosamente una ripresa della vita in comune e, infine, entrambi riconosciuto il fallimento della loro unione;
– il negativo esito del tentativo di conciliazione esperito dal Presidente, l’indisponibilità delle parti verso qualsiasi soluzione transattiva della controversia o definizione in termini consensuali nonché il contenuto degli scritti difensivi attestano, al di là di ogni ragionevole dubbio, la produzione di una grave e irreversibile frattura nel loro sodalizio di coppia per essere venuti meno quei presupposti di affetto e condivisione del progetto di vita che rappresentano l’essenza stessa dell’unione matrimoniale;
– entrambe le parti hanno in atti del resto riconosciuto di avere verificato la sopravvenuta intollerabilità della loro convivenza e l’insussistenza di margini per una sua ripresa, di guisa che sussistono i presupposti di fatto e di diritto per far luogo a una pronuncia di separazione personale ai sensi e per gli effetti dell’art. 151, primo comma, c.c.;
– le specifiche cause della crisi relazionale sono state sin dall’atto introduttivo individuate dalla C. nell’inopinata instaurazione da parte del marito di una relazione con persona in seguito precisamente identificata grazie alle espletate indagini investigative e individuata in una giovane straniera con la quale lo stesso si sarebbe, in assenza della moglie, anche intrattenuto nella casa familiare, nonché nella circostanza di avere ella subito percosse ad opera del coniuge nel dicembre 2012;
– tale ultimo evento può dirsi adeguatamente documentato alla stregua del prodotto referto del Pronto Soccorso, attestante una prognosi di gg. 6 per “traumatismo della testa, traumatismo lombare, traumatismo di faccia e naso” a seguito di percosse subite da persona nota, nonché dalla pressoché contestuale denuncia presentata dalla C. alla Stazione dei C.C. di .., densa di particolari quanto alla ricostruzione dei fatti e, pertanto, nel suo complesso altamente attendibile;
– che, inoltre, la ricorrente da tale data abbia registrato una profonda alterazione del proprio personale equilibrio risulta dal certificato rilasciato il 13.01.2014 dal medico curante dott (omissis) il quale riporta una diagnosi di depressione reattiva a seguito di problemi familiari e una terapia (in atto proprio dal gennaio 2013) con antidepressivi (…) e ansiolitici (..), supporti farmacologici notoriamente utilizzati per compensare disturbi dell’umore, ansia ed eccessiva emotività;
– le risultanze dettagliate delle relazioni investigative effettuate su incarico dell’attrice vedono l’allegazione di cospicuo materiale fotografico nel quale il convenuto compare in compagnia di una figura femminile che, dai tratti somatici, ben potrebbe essere la persona che sin dall’atto introduttivo la (omissis) ha indicato come amante del marito;
– ben vero quanto da controparte sostenuto, e cioè che le investigazioni in esame debbono ascriversi al novero delle prove atipiche e scritti provenienti da terzi, sì da valere unicamente come presunzioni o argomenti di prova ma altrettanto vero che al riguardo ha la ricorrente formulato capitoli di prova a conferma, senz’altro ammissibili laddove in concreto rilevanti;
– tale rilevanza nella specie non sussiste, dal momento che nulla di preciso ha il convenuto contestato in punto di fatto e si è limitato ad osservare che “le relazioni sono state eseguite da Agenzie che non è stato provato siano munite delle necessarie autorizzazioni prefettizie”, con ciò all’evidenza intendendo “spostare” l’attendibilità delle risultanze investigative da un piano sostanziale, cioè di loro aderenza alla realtà fattuale, a un piano meramente formale, quanto a dire di regolarità amministrativa dell’operato svolto;
– e proprio in ragione di tale del tutto peculiare rilievo è il Collegio dell’avviso che non abbia il (omissis) affatto contestato in senso tecnico giuridico le produzioni di controparte, con ciò rendendole utilizzabili ai fini della complessiva valutazione del materiale probatorio senza necessità alcuna di conferma testimoniale;
– come questo Tribunale ha, infatti, già osservato, «in tanto il rapporto investigativo deve essere oggetto di conferma probatoria mediante escussione testimoniale dei testi di riferimento, in quanto sia stato specificamente contestato dalla controparte (art. 115 c.p.c.), assumendo, altrimenti, un valore pieno di prova documentale» (ex multis: Trib. Milano, 13 maggio 2015, est. S.; Trib. Milano, 17 luglio 2013, est. M.; Trib. Milano, 8 aprile 2013, est. B.);
– così pronunciandosi il Tribunale ha inteso aderire all’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte la quale è dell’avviso che, «ai sensi dell’art. 115 cod. proc. civ., «la non contestazione specifica costituisce un comportamento univocamente rilevante, con effetti vincolanti per il giudice, il quale deve astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale (nella specie: mancata divisione del compendio ereditario prima della proposizione della domanda di condanna degli eredi da parte di chi ritenga di vantare un credito nei confronti del defunto) e deve, perciò, ritenere la circostanza in questione sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo in concreto spiegato espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti» (Cass. civ., sez. VI, ordinanza 21 agosto 2012 n. 14594, Pres. G., est. G.); interpretazione cui ha aderito, peraltro, anche il giudice superiore (v. Corte Appello Milano, sez. IV civ., sentenza 29 giugno 2011, Pres. F., est. M.);
– beninteso che, come noto, il principio di non contestazione, enucleato nell’art. 115 c.p.c., ha vocazione generale e si applica a ogni fatto introdotto specificamente nel processo, pure là dove sia contenuto in una prova documentale: in altri termini, il documento che sia prodotto in modo completo deve essere contestato specificamente oppure assume il valore di prova (arg. Cass. Civ., 28 maggio 2013 n. 13206);
– d’altro canto, il principio di contestazione non incorre in particolari limitazioni nel procedimento civile, poiché «trova fondamento nel carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena, nella generale organizzazione per preclusioni successive, che caratterizza in misura maggiore o minore ogni sistema processuale, nel dovere di lealtà e di probità previsto dall’art.88 c.p.c., e nel generale principio di economia che deve sempre informare il processo, soprattutto alla luce del novellato art. 111 Cost.» (Cass. Civ. n. 25136 del 2009);
– a ciò in via ulteriore si aggiunga che l’uniformità cronologica tra le lesioni riportate dalla moglie (rispetto alle quali neppure è stata adombrata l’ipotesi che sia stato un soggetto terzo a produrle) e quanto riferito in sede di denuncia / querela risulta di concludente conforto alla versione prospettata sin dall’atto introduttivo;
– la linea difensiva seguita dal (omissis) è volta a sostenere che, indipendentemente dalla sua (pur contestata) violazione dell’obbligo di fedeltà, l’unione coniugale era già da lungo tempo compromessa e ogni positiva comunicazione era tra loro cessata, ma sul punto i capitoli di prova dedotti non appaiono idonei a confortare l’assunto di un matrimonio “già finito” e caratterizzato da reciproca indifferenza e autonomia, bensì solo una realtà, invero assai comune, di una convivenza un po’ appassita e di una crisi che li aveva portati in qualche occasione a stare lontani, per un viaggio o una vacanza, forse proprio allo scopo di verificare la bontà della propria unione;
– è, dunque, da escludere che l’eventuale espletamento delle prove orali invocate dal convenuto possano in ipotesi portare al superamento dell’omogeneo materiale probatorio offerto dalla ricorrente, dotato di ben maggiore attendibilità;
– la separazione dovrà, di conseguenza, essere in via esclusiva addebitata al marito, ai sensi e per gli effetti dell’art. 151, primo e secondo comma, c.c.;
– per quanto attiene alle questioni accessorie è anzitutto opportuno sottolineare come la (omissis) abbia nel proprio atto di costituzione con nuovo difensore in via espressa rinunciato all’originariamente formulata domanda di risarcimento del danno non patrimoniale procuratole dall’indebita condotta maritale, per l’effetto aderendo al consolidato orientamento in più occasioni espresso da questo Tribunale, in sintonia con le indicazioni della giurisprudenza di legittimità;
– resta, dunque, il solo profilo dell’assegno di mantenimento rivendicato in via riconvenzionale dal convenuto nell’ammontare di euro 2.000,00= mensili, assegno che, in ragione dell’addebito riconosciuto a suo carico, non potrà ai sensi di legge che essere invece qualificato come alimentare:
ciò premesso, non ne ricorrono i presupposti alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 433 e ss. c.c., dal momento che non solo il (omissis) risulta avere anche nell’anno 2012 (ultima dichiarazione prodotta, PF 2013) percepito redditi da partecipazione, per la quota del 24%, nell’ammontare di euro 13.614,00= ma, anche, è pacifico come i coniugi abbiano in essere rapporti societari, anche se non ben chiariti, relativi a un esercizio commerciale da sempre congiuntamente gestito, sì che ogni eventuale “stato di bisogno” del richiedente potrebbe agevolmente trovare soddisfazione e ristoro in altra e diversa sede, a definizione dei complessi rapporti economici familiari;
– le esposte ragioni della decisione e la soccombenza del convenuto comportano la di lui condanna alla rifusione in favore dell’attrice delle spese processuali che, avuto riguardo alla modestia della controversia, al celere sviluppo processuale e all’assenza di attività istruttoria, si liquidano in euro 3.000,00= per compensi, oltre a C.U. e accessori tutti nella percentuale di legge.
PQM
P. Q. M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con ricorso deposito il 17 marzo 2014, da (omissis) nei confronti di (omissis), nonché sulla riconvenzionale da quest’ultima avanzata, nel contraddittorio delle parti e con l’intervento del P.M. così provvede:
1) dichiara la separazione personale dei coniugi (omissis) e (omissis), sposatisi in (omissis) il (omissis) 1979 (atto trascritto nei Registri dello Stato Civile del Comune di (omissis)
2) dichiara la separazione in via esclusiva addebitabile al marito, ex art. 151, secondo comma, c.c.;
3) respinge la domanda di assegno periodico proposta dal convenuto;
4) manda alla Cancelleria di trasmettere, all’avvenuto passaggio in giudicato del capo 1), copia del dispositivo della presente sentenza all’ufficiale dello Stato Civile del Comune di (omissis) per le trascrizioni e annotazioni di rito;
5) condanna il convenuto (omissis) a rifondere la ricorrente delle spese di lite, liquidate in euro 3.000,00= per compensi, oltre C.U., rimborso forfetario, Iva e Cpa nelle percentuali di legge;
6) sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege, ad eccezione dei capi 1) e 2).
Così deciso in Milano, in camera di consiglio, il 1° luglio 2015.

 

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