Legge 104 controlli indagini

LEGGE 104 CONTROLLI INDAGINI

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Legge 104 controlli indagini: leciti? Scopriamolo assieme.

Articolo a cura di Europol Investigazioni, società specializzata in business informations

E’ possibile ed è consentito dalla legge appurare, con controlli ed indagini, se i comportamenti assunti dai lavoratori dipendenti della propria azienda, nei momenti di congedo, ai sensi della Legge 104/1992, presentino delle difformità comportamentali rispetto a quanto prevede la norma? In detto caso, i dipendenti sono suscettibili o meno di provvedimento disciplinare, che possa concludersi anche con il licenziamento per giusta causa?

LEGGE 104 CONTROLLI INDAGINI: LA NORMA E LA GIURISPRUDENZA

Si tenga presente quanto segue:

I) come afferma la giurisprudenza più costante, la ratio dell’art. 33 della legge 104, consiste nell’esigenza che il lavoratore, in congedo, espleti un’attività assistenziale continuativa, e non sporadica o occasionale, nei confronti della persona che necessita dell’assistenza;

II) La giurisprudenza è concorde nell’ammettere che tale permesso debba essere usufruito all’unico scopo di fornire un’assistenza continuativa alla persona portatrice di handicap, in modo tale che il lavoratore non possa espletare un effettivo abuso di un diritto e prevede altresì che, là ove il dipendente chieda tale permesso, debba riuscire a dimostrare come non vi siano nell’ambito del nucleo familiare, parentela sino al secondo grado, altre persone in grado di potersi occupare utilmente del familiare handicappato.

Come sovente accade, non è possibile dare un’interpretazione univoca di cosa s’intenda per assistenza continuativa. Se una persona che usufruisce di, per esempio, giorni tre di permesso non si presenta mai ad assistere l’handicappato, o lo assiste poche ore durante l’arco dei tre giorni, è possibile affermare che tale assistenza non abbia i presupposti della continuità e come tale il lavoratore abusi di tale diritto, con la conseguenza che si potrà intentare, con un sufficiente grado di certezza di ottenere il risultato auspicato, una vertenza di licenziamento per giusta causa.

Diverso il caso di colui che, invece, trascorra la maggior parte del suo tempo con l’handicappato e che soltanto per poche ore esplichi comportamenti diversi; in questo caso indubbiamente l’assistenza continuativa vi sarà stata e non sarà possibile intentare un licenziamento per giusta causa. Ovviamente tutto ciò varierà molto a seconda del giudice con cui si potrà avere a che fare, così come dai comportamenti concretamente assunti dai dipendenti da attenzionare.

Interessante è la sentenza 22/04/2010 n° 9557, Cassazione Civile Sezione Lavoro, che specifica come ai fini della fruizione dei permessi occorre che l’assistenza al parente o affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente, sia in atto “continuativa ed esclusiva“, diversamente non si porrebbe freno, né limite a tale richieste le quali, là ove accolte tutte, danneggerebbero gravemente il complesso aziendale. Si significa altresì che, oltre a configurare un’ipotesi di illecito civilistico, un eventuale comportamento contrastante con il dettame normativo, lo stesso potrebbe essere valutato anche penalmente come truffa. Anche il TAR di Perugia in data 16/02/10 n° 104 ha determinato, non solo che occorre l’assistenza continuativa, ma che è necessaria altresì la prova dell’obiettiva inesistenza o indisponibilità di parenti prossimi in grado di assistere il disabile anche se non conviventi con lui e che dev’essere comprovata dall’istante non mediante semplici dichiarazioni di carattere formale, attestanti impegni di vita di carattere ordinario e comune, bensì dalla produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo.

Sentenze conformi:

Cass., sez. lav., 22 gennaio 2020, n. 1394

Cass., sez. lav., 2 ottobre 2018, n. 23891

App. Roma, sentenza 25 gennaio 2019, n. 326

Cass. sez. lav., 22 marzo 2016, n. 5574

Cass. sez. lav., 30 aprile 2015, n. 8784

Ricordiamo che: la Corte di Cassazione con ordinanza n. 17102 del 16 giugno 2021 rigettava il ricorso e confermava la legittimità del licenziamento. In particolare, secondo la Corte, l’assenza dal lavoro per usufruire dei permessi ex L. n. 104/1992 deve porsi in relazione causale diretta con lo scopo di assistenza al disabile. Ne consegue che la condotta del dipendente che si avvale di questi permessi per esigenze diverse integra un’ipotesi di abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede nei confronti del datore di lavoro e dell’INPS.

La sentenza è conforme all’orientamento consolidato secondo il quale il diritto al permesso ex L. n. 104/1992 presuppone un nesso causale diretto con l’assistenza al disabile. Pertanto, il dipendente che utilizzi il permesso in questione per scopi diversi integra l’abuso del diritto e commette una condotta di rilievo disciplinare.

In conclusione, dall’analisi dei precedenti emerge che, perché vi sia coerenza con la funzione dei permessi ex L. n. 104/1992, l’assistenza deve essere esclusiva (non è quindi consentito utilizzare i permessi, nemmeno in parte, per attività diverse), può consistere in attività diverse dalla cura fisicamente prestata presso il domicilio del parente disabile, purché tali attività siano direttamente finalizzate a soddisfare esigenze primarie dell’assistito; deve essere svolta personalmente dal beneficiario dei permessi senza che possa essere delegata, nemmeno in parte, a terzi.

LEGGE 104 CONTROLLI INDAGINI: LE INVESTIGAZIONI DI EUROPOL

a) EUROPOL S.R.L., agenzia investigativa, può verificare, tramite i suoi investigatori privati, se il comportamento del lavoratore in permesso, ai sensi della legge citata, fornisca assistenza con il carattere della continuità e dell’esclusività al portatore di handicap. Allo scopo Europol investigazioni ha una sezione investigativa appositamente dedicata a tali indagini per la verifica degli abusi sulla legge 104.

b) EUROPOL S.R.L. potrà altresì verificare se vi sono, oppure no, altri familiari in grado di sostituire il lavoratore in permesso, nell’assistenza all’invalido.

c) In finale, nulla questio, sulla legittimità delle verifiche dei comportamenti dei dipendenti da parte di agenzie investigative private, poiché è fuori discussione come i profili di illiceità previsti a norma dell’art. 2 comma 2 legge n° 300 del 1970, prevedano solamente il divieto per il datore di lavoro di controllare l’espletamento dell’attività lavorativa svolta all’interno dei locali aziendali: nulla dispone invece riguardo alla verifica dell’attività lavorativa o del comportamento contrario alle norme del diritto del lavoro effettuantesi al di fuori dei locali aziendali (vedi Cass. Civ. Sezione lavoro 29/04/09 n° 9990 – 03/11/00 n° 14383; 05/05/00 n° 5629).

Per finire la disamina sottolineiamo che una sentenza della Corte di Cassazione (12489 dello 08/06/11) prevede come quando l’attività investigativa che porta al licenziamento del dipendente sia corretta e quando le violazioni a carico del lavoratore dipendente siano provate dagli investigatori privati, gli stessi assumano il ruolo di testimoni degli illeciti commessi dal dipendente infedele. La Suprema Corte ha altresì determinato come sia del tutto giustificato il ricorso all’Agenzia di Investigazioni Privata nel caso, anche di semplice sospetto di perpetrazione di illeciti da parte del dipendente soprattutto, quando dette prestazioni integrino violazioni di obblighi extracontrattuali penalmente rilevanti.

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Autore. Europol Investigazioni SRL – Titolo –LEGGE 104 CONTROLLI INDAGINI-, in www.europolinvestigazioni.com

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Articolo aggiornato al 22 Maggio 2022

 

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