Pignoramento pensione invalidità: Cosa prevede la legge in Italia

Quando si riceve un atto di pignoramento, la prima paura riguarda la perdita delle proprie entrate. Per chi vive con una pensione di invalidità, la preoccupazione è ancora più forte: “Possono toccarmi la pensione? E se sì, fino a che punto?”

In realtà, la risposta non è un semplice sì o no. La legge italiana prevede tutele molto rigide per chi percepisce prestazioni assistenziali, ma distingue in modo netto tra pensione di invalidità civile, assegno ordinario di invalidità e trattamenti previdenziali derivanti da lavoro.

Capire dove si colloca la propria posizione è essenziale per sapere se (e in quale misura) la pensione può essere pignorata.

In questa guida, Europol Invesigazioni spiega in modo pratico e aggiornato:

  • quando la pensione di invalidità è impignorabile;
  • in quali casi può invece essere aggredita dal creditore;
  • e quali strumenti legali esistono per difendere la propria pensione e la propria dignità economica.

N.B.: le regole qui esposte recepiscono le modifiche introdotte all’art. 545 c.p.c. dal D.L. 115/2022, conv. in L. 142/2022, e gli importi INPS 2025 dell’assegno sociale.

È possibile pignorare la pensione di invalidità?

La regola generale è che la pensione di invalidità civile non è pignorabile. Si tratta infatti di una prestazione assistenziale e non previdenziale: viene corrisposta dallo Stato a chi si trova in condizioni di invalidità totale o parziale per garantire un minimo sostentamento vitale.

Di conseguenza, non può essere aggredita dai creditori, nemmeno in caso di debiti fiscali, bancari o personali. Rientrano nell’area dell’impignorabilità assistenziale anche l’assegno sociale e l’indennità di accompagnamento. Il fondamento sta nell’art. 545, comma 2, c.p.c. (sussidi di sostentamento/assistenza) e nella costante giurisprudenza che qualifica queste prestazioni come assistenziali.

La Corte di Cassazione (tra le altre, Cass. civ., sez. III, n. 18755/2013) ha ribadito che sulle pensioni opera la tutela del “minimo vitale”; oggi tale tutela è fissata dalla legge in misura pari al doppio dell’assegno sociale, con un minimo legale di 1.000 euro.

Diverso è il discorso per l’assegno ordinario di invalidità e per le pensioni di inabilità derivanti da rapporto di lavoro: questi trattamenti, essendo di natura previdenziale (L. 222/1984), sono pignorabili nei limiti di legge “solo” sulla parte che eccede il minimo vitale (doppio dell’assegno sociale, comunque non meno di 1.000 €), e poi nei limiti del quinto o di quanto diversamente previsto dai commi 3-5 dell’art. 545 c.p.c. 

Casi in cui la pensione di invalidità può essere pignorata

Anche se la pensione di invalidità civile è, in linea generale, impignorabile, esistono situazioni particolari in cui il pignoramento può comunque intervenire, ma con limiti ben precisi.

Il primo caso riguarda la confusione tra tipologie di trattamento. Molti creditori (e talvolta gli stessi enti esecutori) tentano di pignorare somme accreditate sul conto corrente senza verificare la loro natura assistenziale.

Se la pensione di invalidità è mescolata ad altri redditi (come stipendi, pensioni previdenziali o bonifici personali), può diventare parzialmente aggredibile, salvo prova della sua provenienza.

In questi casi è fondamentale dimostrare la natura del credito per opporsi efficacemente al pignoramento.

Sul conto corrente, per somme accreditate prima della notifica del pignoramento, opera la tutela del “triplo assegno sociale”: fino a 1.616,07 € nel 2025, le giacenze restano impignorabili; per gli accrediti successivi, si applicano i limiti ordinari di cui all’art. 545, commi 3-5 e 7 c.p.c.

Un secondo scenario riguarda i debiti alimentari (art. 545, comma 1, c.p.c.): sul conto corrente, per somme accreditate prima della notifica del pignoramento, opera la tutela del “triplo assegno sociale”: fino a 1.616,07 € nel 2025, le giacenze restano impignorabili; per gli accrediti successivi, si applicano i limiti ordinari di cui all’art. 545, commi 3-5 e 7 c.p.c.

Infine, la pensione di inabilità lavorativa o l’assegno ordinario di invalidità (prestazioni previdenziali) possono essere pignorati per debiti fiscali o civili solo sulla parte che eccede il minimo vitale di legge (doppio assegno sociale, min. 1.000 €), e poi nei limiti del quinto, salvi i diversi limiti speciali.

In pratica, non ogni pignoramento è legittimo: ciò che conta è la corretta qualificazione della prestazione e la sua tracciabilità.

Per questo, prima di accettare passivamente un atto di pignoramento, è indispensabile rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto esecutivo e previdenziale, che possa verificare se l’esecuzione sia effettivamente conforme alla legge. Si veda anche la prassi INPS sull’applicazione del nuovo minimo vitale da 1.000 € e del “doppio assegno sociale”.

Limiti di pignorabilità della pensione di invalidità

Quando la prestazione rientra tra quelle pignorabili, la legge stabilisce limiti rigorosi per evitare che l’esecuzione comprometta la sopravvivenza del debitore.

Il riferimento principale è l’art. 545 del Codice di procedura civile, modificato dal D.L. 83/2015 e successivamente aggiornato con gli interventi del legislatore in materia di tutela del minimo vitale.

In particolare:

  • la pensione di invalidità civile resta impignorabile nella sua interezza;
  • per le pensioni previdenziali (come l’assegno ordinario o la pensione di inabilità lavorativa) il pignoramento non può superare un quinto dell’importo netto, al netto delle ritenute fiscali e previdenziali;
  • resta comunque impignorabile una quota minima pari a una volta e mezza l’importo dell’assegno sociale INPS, oggi fissata in circa 754 euro mensili (dato aggiornato al 2025).

N.B.: il pignoramento può colpire solo la parte eccedente l’importo impignorabile pari al “doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 €” (art. 545, co. 7, c.p.c. come modificato dal D.L. 115/2022 conv. L. 142/2022); sulla parte eccedente operano poi i limiti del quinto (o quelli speciali dei commi 3-5).

Questo significa che, anche quando il pignoramento è ammesso, nessun creditore può toccare la parte di pensione necessaria per vivere dignitosamente.

Il calcolo della quota pignorabile viene effettuato direttamente dall’INPS o dall’ente pagatore, su ordine del giudice dell’esecuzione, tenendo conto della natura della prestazione e dell’importo residuo.

Per i pignoramenti su conto corrente, invece, le somme già presenti prima della notifica sono pignorabili solo per la parte eccedente il “triplo dell’assegno sociale” (nel 2025: 1.616,07 €); le somme accreditate alla data o dopo il pignoramento seguono i limiti appena indicati (minimo vitale e quinto).

Quota impignorabile e soglia minima di sopravvivenza

La legge tutela il diritto del cittadino a conservare una parte del proprio reddito indispensabile per vivere. Questa tutela si concretizza nella “quota impignorabile”, ossia quella porzione della pensione che nessun creditore può aggredire, indipendentemente dall’ammontare del debito o dalla natura dell’obbligazione.

Secondo quanto stabilito dall’art. 545 c.p.c., come riformato dal 22 settembre 2022, la soglia minima di sopravvivenza corrisponde a “due volte l’assegno sociale” e comunque non può essere inferiore a 1.000 €. Per il 2025, quindi, la soglia è pari a 1.077,38 € (poiché superiore ai 1.000 €).

La parte eccedente può essere pignorata nei limiti del quinto, o come diversamente previsto per tributi/alimenti ai sensi dei commi 3-5 dell’art. 545 c.p.c.

Nel caso in cui il pagamento avvenga tramite conto corrente, vale la regola del “triplo assegno sociale” per le giacenze preesistenti alla notifica del pignoramento del conto corrente (1.616,07 € nel 2025). Le limitazioni sul conto sono frutto di legge (D.L. 83/2015) e non di interpretazione giurisprudenziale creativa: la Corte costituzionale ha chiarito che tali limiti devono essere fissati dal legislatore. 

Il giudice non può disporre trattenute che incidano sulla soglia vitale di legge; gli atti che la superano sono illegittimi nella parte eccedente. 

Esenzioni e protezioni per chi percepisce la pensione di invalidità

La legge distingue tra trattamenti assistenziali (come la pensione di invalidità civile e l’indennità di accompagnamento) e prestazioni previdenziali (come l’assegno ordinario di invalidità o la pensione di inabilità lavorativa).

Solo queste ultime, essendo legate a contributi versati, possono essere parzialmente pignorate.

Restano invece assolutamente impignorabili:

  • la pensione di invalidità civile erogata ai sensi della Legge 118/1971;
  • l’indennità di accompagnamento (L. 18/1980), riconosciuta per gravi disabilità e non soggetta ad alcuna forma di esecuzione forzata;
  • le indennità di frequenza o di comunicazione per minori e non vedenti;
  • ogni sussidio a carattere assistenziale finalizzato al sostentamento vitale del beneficiario (Impignorabilità ex art. 545, co. 2, c.p.c.; consolidata prassi e giurisprudenza).

Nessuna somma destinata al sostegno della disabilità può essere utilizzata per soddisfare debiti civili o fiscali.

La deroga per “cause di alimenti” non trasforma le prestazioni assistenziali in somme pignorabili: riguarda invece i crediti alimentari e le pensioni/retribuzioni di natura previdenziale, per le quali il giudice può autorizzare prelievi più elevati nel rispetto dei limiti complessivi (mai oltre la metà per il concorso di cause).

Chi riceve atti esecutivi su conti dove confluiscono tali somme deve intervenire immediatamente, chiedendo al giudice dell’esecuzione la sospensione o l’annullamento del pignoramento.

Il supporto di un avvocato esperto in materia esecutiva e previdenziale è decisivo per far valere la natura impignorabile dei fondi e ottenere la restituzione delle somme eventualmente bloccate.

Protezioni per i debitori e soglie di pignoramento

Comprendere i limiti di pignorabilità della pensione non basta: serve agire tempestivamente per farli rispettare. Molti cittadini, infatti, scoprono solo dopo mesi che il proprio conto è stato bloccato in modo illegittimo o che una parte della pensione (teoricamente impignorabile) è stata trattenuta in violazione della legge.

Europol Investigazioni assiste da oltre vent’anni contribuenti, pensionati e famiglie in casi di pignoramenti eseguiti in violazione delle tutele minime previste dal Codice di procedura civile e dalla giurisprudenza costituzionale.
L’obiettivo non è solo fermare l’azione esecutiva, ma ripristinare i diritti economici e personali del debitore con strumenti rapidi ed efficaci.

La nostra assistenza comprende:

  • Analisi preventiva dell’atto di pignoramento per verificarne la legittimità e la corretta qualificazione della prestazione (assistenziale o previdenziale);
  • Istanza urgente di sospensione davanti al giudice dell’esecuzione in caso di trattenute illegittime su pensioni o conti correnti;
  • Recupero delle somme indebitamente bloccate e verifica di eventuali violazioni procedurali;
  • Difesa completa nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione o dei creditori privati, con opposizioni e ricorsi calibrati sul singolo caso.

Grazie a una rete di consulenti previdenziali e contabili, lo Studio gestisce ogni aspetto tecnico, dall’acquisizione dei flussi INPS alla ricostruzione documentale del reddito pignorato.

Il tutto con la massima trasparenza sui costi, tempi certi e strategie fondate su precedenti giurisprudenziali consolidati.

Se hai ricevuto un atto di pignoramento sulla tua pensione o temi che ciò possa accadere, non aspettare che la situazione peggiori. Ogni giorno di ritardo può tradursi in un danno economico e personale difficile da recuperare.

 

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