Droga e licenziamento

DROGA E LICENZIAMENTO

Droga e licenziamento. Fumare spinelli sul luogo di lavoro legittima il licenziamento per giusta causa

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Droga e licenziamento. Legittimo il licenziamento, in ambito di droga e licenziamento, per giusta causa intimato al lavoratore dipendente colto a fumare un paio di spinelli sul luogo e durante l’orario di lavoro, nel mentre che guardava, a lungo, il proprio pc portatile, introdotto senza autorizzazione in azienda.

Articolo a cura di Europol Investigazioni, società specializzata in business informations

DROGA E LICENZIAMENTO: LA CASSAZIONE SENTENZA 20543/15. LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO

La Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 20543/15, in ambito di droga e licenziamento, che sotto riportiamo, ha rigettato il ricorso di un lavoratore dipendente della società FIAT GROUP AUTOMOBILES S.P.A. di Torino, licenziato per aver fumato, sul posto di lavoro, due “sigarette preparate con sostanza stupenfacente” e per aver “visionato a lungo, in orario di lavoro, un pc portatile introdotto senza autorizzazione“.

I Tribunali di primo grado e d’Appello hanno a suo tempo respinto la domanda del dipendente che aveva presentato senza soddisfazione alcuna ricorso in Cassazione per impugnare il licenziamento, sostenendo che il fatto di fumare due spinelli ed utilizzare il proprio computer personale non può integrare gli estremi di gravità dell’inadempimento idonei a legittimare il licenziamento per giusta causa. Droga e licenziamente è quindi giusto.

La Corte d’Appello di Torino aveva infatti confermato il licenziamento del manutentore, sempre nel settore droga e licenziamento, addetto all’individuazione di guasti e malfunzionamenti di maccchine ed impianti della FIAT, considerando “proporzionata al comportamento addebitato” la sanzione adottata dal datore, in quanto a parere del giudice di merito la condotta del lavoratore dipendente contrastava con “i doveri di diligenza e fedeltà connessi al suo inserimento nella struttura e nell’organizzazione aziendale”.

La Suprema Corte, in ambito di droga e licenziamento, è stata concorde con le conclusioni della Corte d’Appello: “Correttamente la Corte del merito ha preso in considerazione, ai fini della proporzionalità della sanzione del licenziamento, la condotta del prestatore di lavoro sotto il profilo del valore sintomatico che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti, nonchè all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e ad incidere sull’elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro”. Altrattento correttamente, sempre a parere della Cassazione, la Corte distrettuale ha “tenuto conto della specificità dei compiti affidati al lavoratore (addetto all’individuazione di guasti e alla manutenzione di macchine ed impianti), rispetto ai quali il comportamento addebitato, risultato accertato alla stregua delle emergenze istruttorie, è stato ritenuto idoneo a far venir meno irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro nella correttezza delle future prestazioni lavorative”. La condotta del dipendente, in estrema sintesi, ha leso il rapporto di fiduciacon il datore di lavoro, anche in ragione della mansioni di controllo allo stesso assegnate. La Corte di Cassazione rigetta pertanto il ricorso del dipendente sorpreso a fumare spinelli sul posto di lavoro e ad utilizzare il proprio portatile, introdotto in azienda senza alcuna autorizzazione. Droga e licenziamento: possibile.

DROGA E LICENZIAMENTO: LE INDAGINI DI EUROPOL A FAVORE DEI DATORI DI LAVORO

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Cassazione, sezione lavoro, la sentenza 20543/15 testo integrale

sul ricorso 2260-2013 proposto da:

F**** D**** C.F. F**D**7*C**F***G, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE PELLERITO, GIUSEPPE PELLERITO e SILVIO CHIODO giusta delega in atti; – ricorrente –

contro

FIAT GROUP AUTOMOBILES S.P.A. C.F. 07973780013, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCA ROPOLO e DIEGO DIRUTIGLIANO giusta delega in atti; – controricorrente –

avverso la sentenza n. 499/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 28/06/2012 R.G. N. 1201/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/07/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;
udito l’Avvocato ALESSIO TUCCINI per delega GIUSEPPE e BENEDETTO PELLERITO;
udito l’Avvocato MARIA TERESA SALIMBENI per delega RAFFAELE DE LUCA TAMAJO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Torino, riformando la sentenza del Tribunale di Torino, rigettava la domanda di D*** F***, proposta nei confronti
della Fiat Group Automobiles S.P.A. avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento per giusta causa intimatogli dalla predata società per aver visionato a lungo, in orario di lavoro, un PC portatile introdotto senza autorizzazione e avere fumato due sigarette preparate con sostanze stupefacenti.
A base del decisum la Corte del merito poneva il fondante rilievo secondo il quale, dovendosi valutare la legittimità del licenziamento in relazione alla fiducia che il datore di lavoro doveva porre nella corretta esecuzione delle future prestazioni lavorative, la sanzione adottata era proporzionata al comportamento addebitato poiché avuto riguardo al contenuto specifico della mansioni di manutentore affidategli il comportamento del lavoratore contrastava con i doveri di diligenza e fedeltà del lavoratore dipendente connessi al suo inserimento nella struttura e nell’organizzazione aziendale.
Avverso questa sentenza D**** F*** ricorre in cassazione sulla basedi un’unica censura
Resiste con contricorso la parte intimata che deposita memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unica censura il ricorrente deducendo violazione dell’art. 2119 cc e contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, sostiene che la Corte del Merito ha erroneamente ritenuto sussistenti gli estremi di gravità dell’inadempimento idonei a giustificare il recesso per giusta causa.
La censura non è accoglibile.
Invero, oltre alla considerazione che vi è commistione tra la deduzione di violazione di legge e vizio di motivazione e tanto non consente a questa Corte di individuare quali delle argomentazioni spese siano riferibili alla violazione di legge e quali al vizio di motivazione, vi è il rilievo che sostanzialmente il ricorrente prospetta un diversa valutazione delle emergenze istruttorie contestando quella svolta dalla Corte di Appello.
Orbene è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che al giudice del merito spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di legittimità non è conferito il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito (Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e 27 luglio 2008 n.2049). E nella stessa ottica i giudici di legittimità hanno, altresì, precisato che nel caso in cui nel ricorso per cassazione venga prospettato come vizio di motivazione della sentenza una insufficiente spiegazione logica relativa all’apprezzamento, operato dal giudice di merito, di un fatto principale della controversia, il ricorrente non può limitarsi a prospettare una possibilità o anche una probabilità di una spiegazione logica alternativa, essendo invece necessario che tale spiegazione logica
alternativa del fatto appaia come l’unica possibile (cfr. in tali sensi Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 cit. e 27 luglio 2008 n. 20499 nonché Cass. 25 maggio 2012 n. 8298).
Alla luce di tali principi cardini del nostro ordinamento processuale risulta, conseguentemente, del tutto infondato il ricorso in esame.
Né, e vale la pena di sottolinearlo, parte ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, trascrive nel ricorso il contenuto delle emergenze istruttorie di cui lamenta l’erronea valutazione (Cass.14 ottobre 2010 n. 21224, Cass. 20 febbraio 2007 n. 3920 nonché Cass. 28 febbraio 2006 n. 4405).
D’altro canto la motivazione della sentenza impugnata è formalmente logica ed adeguata sicché a questa Corte è precluso qualsiasi sindacato di legittimità sull’apprezzamento delle emergenze istruttorie.
A tanto va aggiunto che secondo giurisprudenza di questa Corte, in questa sede da ribadire, il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato è devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove sorretta, come nella specie, da motivazione sufficiente e non contraddittoria ( Cfr. per tutte Cass. 25 maggio 2012 n. 8293 e Cass. 7 aprile 2011 n. 7948).
Correttamente poi, va annotato, la Corte del merito ha preso in considerazione, ai fini della proporzionalità della sanzione del licenziamento, la condotta del prestatore di lavoro sotto il profilo del valore sintomatico che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti, nonché all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e ad incidere sull’elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro (V. per tutte Cass. 12 dicembre 2012 n. 22798 e Cass. 18 settembre 2014 n. 19684) ed in tale contesto ha, altrettanto correttamente, tenuto conto della specificità dei compiti affidati al lavoratore (individuazione dei guasti e malfunzionamenti di macchine ed impianti) rispetto ai quali il comportamento addebitato, risultato accertato alla stregua delle emergenze istruttorie, è stato ritenuto idoneo a far venir meno irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro nella correttezza delle future prestazioni lavorative (Cfr per tutte Cass. 8 agosto 2011 n. 17092) .
Il ricorso in conclusione va rigettato
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in E. 100,00 per
esborsi ed € 3500,00 per compensi oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 luglio 2015
Il Presidente

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Autore. Europol Investigazioni SRL – Titolo –droga e licenziamento-, in www.europolinvestigazioni.com

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Articolo aggiornato al 07 Luglio 2015

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